Chi va dallo psicologo non è né “matto”,
né “svitato” e né “strano”, ma una persona che ha deciso di
prendersi cura di sé e del proprio benessere mentale, che procede di
pari passo con la salute fisica e il benessere generale.
Gli eventi che portano un
individuo a vivere un momento di tensione e di malessere possono
essere tanti: un lutto, la rottura di una relazione, il declino di
un progetto lavorativo, problematiche famigliari, ecc. possono
essere difficili da metabolizzare senza l’aiuto di un professionista
del benessere psicologico.
Chiedere aiuto non è un segno di
debolezza o di scarsa indipendenza, ma indica, anzi, la volontà di
chiarire e raggiungere i propri obiettivi.
I percorsi psicologici non si rivolgono solo a persone che vivono
una situazione di malessere o di disagio, ma possono essere
intrapresi anche da persone con un buon livello di benessere globale,
ma che si trovano temporaneamente nella condizione di beneficiare di
un aiuto esterno ed obiettivo in relazione a scelte e momenti di
vita complessi.
Ogni
intervento
psicologico
segue i tempi
dell’individuo
e dipende dalla
situazione presentata, dalla motivazione al cambiamento e da molte
altre variabili.
La durata
della terapia o della consulenza,
quindi,
non è
prevedibile poiché su di essa
incidono diversi fattori quali ad esempio la
complessità
del problema, la motivazione del paziente a lavorare su se stesso,
il tipo di obiettivo che egli si pone rispetto al cambiamento e il
livello di intesa e cooperazione che terapeuta e paziente riescono a
raggiungere. Solitamente
la frequenza degli incontri è settimanale e il tipo di relazione
terapeutica, tendenzialmente paritetica e cooperativa, scoraggia
fenomeni di
dipendenza che possono ostacolare
il processo di cambiamento.
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